lunedì 20 luglio 2009

Mela in agrodolce

Manhattan riesce sempre a stupirti. Anche se ci sei stato dieci, venti, trenta volte. Il cuore della Grande Mela ha un sapore agrodolce. Un bipolarismo perfetto tra vetrine di lusso, viste mozzafiato e tombini puzzolenti, barboni che dormono sulle fontane del Lincoln Center. Questo equilibrio crudele la rende unica. Non ti fa annoiare, ti fa scoprire ogni volta un pizzico di verità in più. Quando ti sei abituato ai grattacieli e alla monotonia della Quinta Strada basta prendere un taxi e in dieci minuti ti trovi in Europa, al Greenwich Village. Se ti manca l'aria ci sono gli alberi con gli scoiattoli a Central Park. Se vuoi leggere un libro lo puoi fare davanti al panorama Alleniano per eccellenza sulle panchine della Brooklyn Heights Promenade. E non è mai tutto bianco o tutto nero: ci sono un'infinità di imperfezioni che ti fanno spingere l'acceleratore fino a consumare le scarpe prima di andare a dormire. Sul fronte cibo Manhattan è un'orgia per i sensi. Alcuni indirizzi non li manco mai. Come il Pearl Oyster Bar per il panino all'aragosta (il lobster roll servito con patatine fritte sottilissime croccanti), il Dawat per l'indiano di altissima qualità, Jackson Hole per gli hamburger giganteschi pieni di qualsiasi porcheria, il Magnolia per la perfetta cupcake da 2 milioni di calorie... Ogni volta che arrivo a Manhattan mi viene la pelle d'oca...dopo due/tre giorni incomincio a avvertire un disagio per la confusione, la mancanza dello spirito europeo... finchè non riparto. Ed è già nostalgia. Già caccia dei luoghi del ricordo nei film.

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