mercoledì 13 maggio 2009
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Io non sono un critico, nè un giornalista VERO che è cresciuto a pane e redazione. Però quando vado in giro tengo gli occhi aperti e racconto quello che vedo. Posso scrivere stronzate pazzesche, ma almeno si vede che in un posto ci sono stato, che un piatto l'ho mangiato, che uno chef l'ho osservato. Oggi sono stato in ufficio tutto il giorno e, tra una cosa e l'altra, ho letto diversi articoli su ristoranti dove ho pranzato e alcune storie di luoghi che ho visitato per Panorama Travel o per ViaMichelin. La sensazione è quella che molte storie siano impersonali e noiose perchè manca l'occhio di chi osserva. Anzi, manca tutto il corpo. Sembra che alcuni colleghi non abbiano mai messo piede nel luogo che stanno raccontando. Un soffitto ha un colore, uno chef ha una personalità, delle scarpe, un orologio. La sala da pranzo non è solo "accogliente". Magari ha anche dei quadri, oppure un camino o le tende fatte dalla moglie dello chef che lo aiuta in sala. I giornali sono in crisi e il cibo "tira". E anche se c'è la crisi - grazie a Dio - la gente continua a mangiare. Ma come si fa a raccontare il cibo senza gustarlo? Colpa dei direttori che non mandano più i giornalisti in giro? O della pigrizia dei redattori? Boh, però oggi niente mi ha entusiasmato. A parte Licia Granello di domenica (Sogno o son pesto?), tutto il resto... è stata noia!
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parole sante... e Archè, senza 'na lira, manda in giro redattori a migliaia di kilometri... qualcosa non torna...
RispondiEliminaSi tratta di entrambi i fenomeni. Da una parte alcuni giornalisti sono decisamente pigri e non sanno cogliere i dettagli, anche se magari sul posto ci sono stati davvero. In altri casi i loro direttori non li mandano in missione per questioni di carattere economico. Ma è certamente un cane che si morde la coda perché, come sottolinei correttamente, i pezzi escono certamente più "slavati", hanno quell'aroma di "catena di montaggio pubbliredazionale".
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